La Storia Fantastica (o "La Principessa Sposa"), di William Goldman






 Siamo nel bel mezzo di un'avventura, Fezzik, e la maggior parte della gente vive e muore senza avere la nostra fortuna.


E' difficile per me scrivere qualcosa di sensato e obiettivo su questo libro (pubblicato in Italia con due titoli diversi, uno rispettoso dell'originale The Princess Bride, l'altro preso dal titolo italiano dell'adattamento cinematografico). Il mio problema è che il film tratto da questo romanzo è trai miei preferiti in assoluto, lo riguardo con trepidazione tutti gli anni sotto Natale e per ogni scena, personaggio, battuta il mio cuore si gonfia di gioia e affetto. E quando ami così tanto un film e lo hai visto così tante volte da saperlo letteralmente a memoria, leggere alla fine il romanzo da cui è tratto non sempre si rivela essere un'esperienza soddisfacente al 100% (è il motivo per cui preferisco, se possibile, leggere sempre i libri prima di vederne le trasposizioni cinematografiche), sebbene sia perfettamente consapevole che è merito dell'autore del libro se il film esiste e racconta una storia così bella. 
In questo caso, poi, il merito di Goldman è doppio, perchè oltre a scrivere il romanzo si è occupato anche della sceneggiatura (essendo un grandissimo sceneggiatore con due Oscar all'attivo - oltre a Tutti gli uomini del Presidente, ricordiamo ad esempio che è suo l'adattamento di Misery non deve morire di Stephen King, il cui regista è lo stesso Rob Reiner de, appunto, La Storia Fantastica). Il film, in effetti, rispetta moltissimo il romanzo, tutta la parte relativa alla favola di Westley e compagnia bella è fedele quasi completamente. Il mio problema principale, in realtà, sono
le modifiche che sono state effettuate da chi ha lavorato al film in Italia.
Mi spiego meglio: io sono abituata (perché ce l'ho impresso nella mente, dopo decine di visioni) che la Principessa Sposa si chiama Botton D'oro, che Westley dice "Ai tuoi ordini" e che la frase che Inigo ripete è "Hola. Mi nombre es Inigo Montoya. Tu hai ucciso mio padre. Preparate a morir!". Queste due frasi io le ho impresse a fuoco nel cuore e nel cervello, e leggere nel libro originale che invece Westley dice sempre "Come desideri" e Inigo ripete "Salve, mi chiamo Inigo Montoya; hai ucciso mio padre, preparati a morire" e che la principessa invece si chiama Buttercup... non lo so, mi provoca una dissonanza cognitiva tale da farmi saltare i nervi... certo, non posso dare la colpa a chi ha fatto l'adattamento italiano cinematografico, in fondo Botton D'oro è un nome più bello di Tazza di Burro, e se avessero lasciato Buttercup nessuno ne avrebbe capito il significato, "Ai tuoi ordini" si sposa meglio al labiale di "As you wish" e "Hola. Mi nombre es Inigo Montoya" è decisamente più figo di "Salve". Non hanno fatto un cattivo lavoro, quindi, solo che non mi aspettavo queste differenze (so che sono inezie, ma se chiedete a qualunque fan della storia - italiano -  di farvi una citazione qualsiasi da questo film ci scommetto che ripeterebbe una di queste due frasi) e ho fatto fatica ad adattarmi ad esse.

Detto ciò, il libro è meraviglioso. La storia, come già detto, la conoscevo a memoria per cui sapevo già cosa stava esattamente per accadere scena dopo scena  - la parte dello Zoo della Morte, l'unica che è stata saltata nel film, è stata la sola sorpresa - per cui mi mancava la suspance di cui altrimenti avrei di certo goduto. Ma poi c'è tutta una parte che nel film è solo accennata e che invece nel romanzo è ben presente: la storia dentro la storia.
Nel film, vediamo che il piccolo Billy (Fred Savage, che ho amato moltissimo in una serie tv che forse pochi ricordano, Blue Jeans - e qualcuno si ricorda de "Il piccolo grande mago dei videogames", il film-marchetta della Nintendo?) è a letto malato, e il nonno (l'immenso Peter Falk) gli va a far visita e gli legge questo libro, "La Storia Fantastica" di S. Morgenstern. Ogni tanto poi la narrazione si interrompe e ritorniamo nella camera con Billy e il nonno, ma niente di più.
 Nel romanzo, scopriamo che Billy è proprio William Goldman che, costretto a letto all'età di dieci anni per una polmonite, ascolta le avventure di Buttercup, Westley, Fezzik, Inigo etc attraverso la voce del padre, un barbiere originario proprio di Florin (il luogo dove si svolge la storia della Princess Bride, una piccola nazione tra Svezia e Germania) e che parla a stento l'inglese.
Il giovane Goldman si innamora della storia, di conseguenza si innamora della narrativa, diventa un vorace lettore e successivamente uno scrittore e sceneggiatore di successo.

La storia principale in realtà è proprio questa: il racconto di come Will Goldman, ormai cresciuto, decide di regalare la storia che tanto lo ha fatto sognare al suo paffuto figlio quando questi compie 10 anni. Il regalo non ha il successo sperato: il bimbo non riesce ad andare oltre il primo capitolo, e Will ne comprende presto il motivo: il libro è noiosissimo e inutilmente lungo. Non lo aveva mai saputo perchè si era sempre occupato il padre di leggergli questa storia speciale e, come un narratore esperto, aveva tagliato e riadattato i passaggi più tediosi. Goldman allora prende la decisione di rieditare il lavoro di Morgenstern, e ci presenta quindi il frutto dei suoi sforzi, ossia appunto La Principessa Sposa (interrotto qua e là da parentesi e corsivi in qui Goldman spiega le sue scelte o puntualizza qualche aspetto).

La cosa straordinaria è proprio il fatto che si tratta di una favola (la storia della Princess Bride) dentro una favola (la storia della riedizione del Morgenstern originale), in cui lo stesso Goldman divena un personaggio letterario discendente delle terre di sua stessa invenzione.

Entrambe le storie sono terribilmente ironiche, un po' ciniche, per niente stucchevoli, anzi non c'è nemmeno un vero lieto fine: la vita è ingiusta sembra essere il leitmotiv di tutte le 300 e passa pagine, il che rende abbastanza chiaro che non si tratta di un romanzo per bambini (basterebbe il finale per chiarirlo), ma può diventarlo se lo si legge come lo leggeva papà Goldman al piccolo Billy, facendolo terminare con il classico "E vissero per sempre felici e contenti".



Tutti le avevano detto (...) che probabilmente era la donna più bella del mondo. Ora stava per diventare anche la più ricca e la più potente. Non devi aspettarti troppo dalla vita, si disse mentre cavalcava. Impara a esssere soddisfatta di quello che hai.

"La prima cosa che perderesti sarebbero i piedi", disse Westley. "Il sinistro e poi il destro. Sotto la caviglia. Entro sei mesi potresti muoverti sui moncherini. Poi le mani, al polso. Qualche volta guariscono più in fretta. Cinque mesi sono una buona media. (...) Poi il naso. Non più profumi dell'alba per te. Poi perderesti la lingua. Tagliata bene in fondo. Tanto che non ne rimane nemmeno un mozzicone. Poi l'occhio sinistro..."
"E poi l'occhio destro e poi le orecchie, e dobbiamo andare avanti per tanto?" (...)
"Sbagliato!" La voce di Westley risuonò nella stanza."Le orecchie te le tieni, per sentire le grida di orrore dei bambini davanti alla tua mostruosità... del fanciullo che piangerà di terrore al tuo avvicinamento, della donna che griderà: 'Mio Dio, che sarà mai quella cosa?' e che risuoneranno per sempre nelle tue orecchie intatte. Questo è quanto significa 'all'ultimo dolore'. Significa che ti lascerò vivere nell'angoscia, nell'umiliazione, in un'infelicità mostruosa finché non potrai più sopportarlo; è quello che avrai, porco, adesso lo sai, tu, miserabile mucchio di vomito"
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3 commenti:

James Ford ha detto...

Il film è uno dei supercult totali della mia infanzia. Bellissimo.

Lennie MissSparkle ha detto...

Condivido pienamente (per me è un supercult ancora adesso)!!

Anonimo ha detto...

Buttercup non vuol dire letteralmente "tazza di burro"! È il ranuncolo, ovvero Botton d'oro, in inglese. Prima di tentare di tradurre bisogna consultare il dizionario...