Chiedo scusa, ma...

Ho cancellato i post degli ultimi giorni, perchè non c'entravano nulla con lo scopo per cui è stato creato questo blog. Darò loro giusta locazione. Chiedo scusa a chi mi aveva lasciato un commento.

Vi racconto una favola...

C’era una volta una bambina. Aveva le guance rosa e la pelle chiara. Aveva soffici boccoli biondi e limpidi occhi azzurri, ma non poteva parlare. Era la bambolina di porcellana della sua mamma.
Un triste giorno di novembre, la mamma morì, e la bambina di porcellana rimase sola con i due fratelli e il papà. Il padre voleva molto bene ai suoi figli, ma sentiva tanto la mancanza della moglie, una donna dolce, bella e generosa come mai se n’erano viste in quelle lande e mai più se ne sarebbero viste di nuovo nei tempi a venire. Il padre cercò allora conforto nella compagnia di altre donne, ma era tutto inutile, nessuna somigliava al suo dolce angelo, quindi finì per accettare solo la consolazione della bottiglia, perché solo nei sogni che essa offriva egli riusciva ad essere felice di nuovo.
Con la mamma in paradiso e il papà nelle locande, la bambina di porcellana aveva solo i fratelli che si curavano di lei. Ma quello che né la mamma né il papà avevano mai saputo, era che i due fratelli detestavano la piccola bambola bambina. Fin da quando era nata, l’avevano torturata con scherzi crudeli, strappandole i bei capelli biondi, pizzicandole la candida pelle, distruggendole i giochi che la mamma le regalava. La piccola indifesa soffriva e piangeva, ma non sapeva ancora scrivere e non aveva la voce, per cui i fratelli sapevano di potersi divertire con lei quanto volevano.
Ora la bella bambolina era il loro gioco preferito, nel silenzio della casa vuota. Nessuno si curava più di loro, o di quanto dolore riuscissero a procurarle. Nessuno accorreva alle urla di una bambina senza voce.
Gli unici momenti in cui la bimba non veniva tormentata, erano durante le brevi visite della giovane donna bruna che portava loro latte, pane e qualche pezzo di formaggio. La donna era stata amica della mamma, e sapeva che la triste famiglia stava attraversando un momento di bisogno. Avrebbe desiderato portare i bambini a casa con sé, ma aveva già una sua famiglia e non poteva provvedere a tutti quanti. La sua casa era molto lontana, serviva molto tempo per attraversare la valle ed arrivare dai tre bambini, ma la donna aveva voluto molto bene alla loro mamma, e cercava di andare ogni volta che poteva, anche se l’inverno avanzava e le strade erano faticose da percorrere.
Una di queste visite stava appunto volgendo al termine, quando la bambola bambina si trovò sola nella sua camera. I suoi fratelli stavano accompagnando la donna bruna fino alla bottega all’inizio del paese. La bimba sentiva tanto male per quello che le avevano fatto i due fratelli, non riusciva a camminare con loro. Avrebbe voluto farlo capire alla donna bruna, che era tanto gentile con lei, ma i suoi fratelli non le lasciavano sole nemmeno per un momento, così mosse le mani per indicare che aveva molto sonno e voleva dormire. La donna l’aveva messa nel lettino e le aveva rimboccato le coperte prima di uscire con i due bambini.
La bimba pianse quando loro uscirono. Le mancava la sua mamma, le mancava il suo papà. Era stanca del dolore. Abbracciò la sua bambola di porcellana, quella che le somigliava tanto, quella che la mamma le aveva portato dalla città qualche giorno prima di andare in Paradiso.
Desiderò di essere una bambola, desiderò di non sentire più nulla.
C’era una volta una bambina che aveva dimenticato il lieto fine delle favole, perché la vita era troppo dura, e per salvarsi nascose la sua anima in una bambola, diventando a sua volta un vuoto involucro color porcellana.
Ma la magia non servì. I fratelli tornarono e la trovarono immobile e delicata come la bambola bionda seduta accanto a lei. Pensarono si stesse prendendo gioco di loro, e cercarono di farla smettere tirandole i capelli e pizzicandola. Quella che era stata la loro sorellina rimase immobile, con gli occhi azzurri fissi su di loro e un lieve sorriso sulle labbra rosa. I fratelli si infuriarono. I pizzicotti divennero più forti, e i capelli iniziarono a venire strappati a ciocche intere. Ma la bambina di porcellana non sembrava sentire il dolore.
Il fratello più grande prese la verga e iniziò a colpirla con quella. Lunghe strisciate di sangue macchiarono la pelle candida della bambina, ma il sorriso rimase intatto sulle sue labbra.
I due fratelli ebbero paura, i suoi occhi sembravano accusarli e il sorriso pareva deriderli. Ma loro erano più grandi, non potevano farsi spaventare dalla bimba. Dovevano solo farla smettere di sorridere. Dovevano coprirle gli occhi. I fratelli presero la coperta dal lettino e la schiacciarono sul viso dai tratti delicati. Premettero e non smisero che dopo molto tempo. Non si accorsero che il piccolo petto della bambina aveva ormai cessato di alzarsi ed abbassarsi.
Quando ormai le braccia furono stanche di schiacciare la coperta sul viso della sorellina, sollevarono la coltre.
Urlarono quando videro cosa avevano fatto. La bambina non era più color porcellana. Era grigia come una bambola dimenticata in soffitta per cento anni. Profonde crepe le percorrevano le guance non più rosee, e le labbra erano spaccate in più punti. Una palpebra era abbassata, ma l’altro occhio era spalancato, il limpido azzurro sbiadito in un bianco giallastro e malato.
Il più giovane scoppiò in un pianto impazzito, mentre il maggiore non riusciva ad allontanarsi da quel corpo immobile.
Non videro la bambola muovere gli sferici occhi azzurri su di loro. Non la videro aprire piano le labbra, in un ghigno di denti aguzzi e famelici. Non badarono alle piccole mani di porcellana, che si sollevarono mentre le unghiette si allungavano fino a divenire lunghi artigli arcuati.
Solo quando la bambola rise, si accorsero di lei.
Quello che avvenne dopo non è dato saperlo, ma dei due fratelli nessuno ebbe più notizie. Quando la donna bruna tornò nella casa della sua amica del cuore, trovò la bambina morta nel suo lettino, ancora con le coperte rimboccate come le aveva lasciate nella sua ultima visita. Era così serena e in pace da sembrare una bambolina di porcellana, raccontò la donna alla sua famiglia quando tornò nella sua valle. E aggiunse che si era commossa quando aveva visto che la bimba teneva accanto a sé tre bambole con le fattezze dei due fratelli maggiori e di sé stessa. Dovevano essere molto legati, disse la donna bruna asciugandosi una lacrima, prima di tornare ad occuparsi della cena.

Burtonesque


Quanto sono belli?

Uno dei miei pezzi preferiti del film (che comunque ha già conquistato il mio cuoricino nero, come tutti i film di Tim Burton... voglio che mi adottino...)

EPIPHANY

Ecco il testo, e a seguito la traduzione:

(Todd)
I had him!

His throat was there beneath my hand.
No, I had him!
His throat was there and now he'll never come again.

(Mrs. Lovett)
Easy now, hush love hush
I keep telling you, Whats your rush?

(Todd)
When? Why did I wait?
You told me to wait -
Now he'll never come again.
There's a hole in the world like a great black pit
And it's filled with people who are filled with shit
And the vermin of the world inhabit it.

But not for long...

They all deserve to die.
Tell you why, Mrs. Lovett, tell you why.
Because in all of the whole human race
Mrs. Lovett,
there are two kinds of men and only two
There's the one staying put in his proper place
And the one with his foot in the other one's face

Look at me, Mrs Lovett, look at you.

No, we all deserve to die
Even you, Mrs. Lovett, even I.
Because the lives of the wicked should be made brief
For the rest of us death will be a relief
We all deserve to die.


And I'll never see Johanna
No I'll never hug my girl to me - finished!
Alright! You sir, you sir, how about a shave?
Come and visit your good friend Sweeney.
You sir, too sir? Welcome to the grave.

I will have vengenance.
I will have salvation.
Who sir, you sir?
No ones in the chair, Come on! Come on!
Sweeney's. waiting. I want you bleeders.
You sir! Anybody!
Gentlemen now don't be shy!

Not one man, no, nor ten men.
Nor a hundred can assuage me.
I will have you!
And I will get him back even as he gloats
In the meantime I'll practice on less honorable throats.
And my Lucy lies in ashes
And I'll never see my girl again.

But the work waits!
I'm alive at last!
And I'm full of joy!



(Todd)

No, l'ho afferrato!
La sua gola era proprio nella mia mano
L'ho afferrato!
La sua gola era lì e adesso
Non tornerà mai più

(Mrs.Lovett)
Facile adesso,
Silenzio, amore, silenzio
Continuerò a raccontarti...

(Todd)
Quando? perchè aspetto?
Mi hai detto di aspettare
Adesso lui non tornerà mai più
C'è un buco nel mondo come
Una grande fossa nera
Ed è piena di persone che
Sono a loro volta piene di merda
E i parassiti del mondo ci vivono

Ma
non per molto...

Tutti loro meritano di morireTi dirò perchè, mrs.Lovett, ti dirò perchè.
Perchè nell'intera razza umana
Mrs.Lovett,
ci sono solo due tipi di uomini, solo due
Quello che se ne sta al proprio posto,
E quello che tiene i piedi sul viso dell'altro


Guardatemi, Mrs.Lovett, guardatevi

Tutti noi meritiamo di morire
Anche voi, mrs.Lovett, anch'io.

Perchè le vite dei malvagi
Dovrebbero essere abbreviate
Per il resto di noi, la morte sarà un sollievo
Noi tutti meritiamo di morire


E non vedrò più Joanna
No, non stringerò mai più la mia ragazza a me
E' finita! va bene, tu, signore, tu, signore
Che ne dici di farti la barba?
Vieni e visita il tuo buon amico Sweeney
Tu, signore, tu, signore, benvenuto alla tomba

Avrò vendetta,
Avrò salvezza

Chi, tu signore?
Nessuno si sieda sulla poltrona, avanti, avanti!
Sweeney sta aspettando, vi voglio sanguinanti
Tu signore, voi tutti.
Gentili signori, non siate timidi!

Non un uomo, non dieci uomini
Nemmeno un centinaio potrebbero calmarmi
Vi avrò tutti! E lo farò tornare indietro
Anche se dovesse gongolare nel frattempo
Farò pratica su gole disonorevoli
E la mia Lucy giace tra le ceneri
E non rivedrò mai più la mia ragazza

Ma il lavoro aspetta!
Sono vivo alla fine!
E sono pieno di gioia!

Premio Arte y Pico


Ricevo dalla mia piccola rosellina nera (che è troppo buona) il premio Arte y Pico (http://arteypico.blogspot.com/) che premia la creatività, il design e i materiali utilizzati dai blogger.
Questo è il regolamento per chi riceve il premio:

1. Scegliere 5 blog che si considerano meritevoli di questo premio, per creatività, design e materiali particolari utilizzati, e che diano un contributo alla comunità dei blogger, indipendentemente dalla lingua!;
2. Ogni premio assegnato deve aver il nome dell’autore e il collegamento al suo blog, così che tutti lo possano visitare;
3. Ogni premiato deve esibire il premio e mettere il nome e il collegamento al blog di colui che lo ha premiato;
4. Il premiato deve mostrare il collegamento con il blog Arte Y Pico dove nasce l’iniziativa;
5. Pubblicare le regole.


Questi i miei premiati (lo so, sono sempre due, ma non è colpa mia se i blog che ho negli amici li ritengo particolarmente meritevoli):
Restituisco il premio a
Dark Road to Nowhere che lo merita davvero tanto
Poi, per il contributo alla comunità dei blogger non posso non assegnarlo a
La Casa degli Orrori

Premio Brillante Weblog 2008



Ricevo questo premio con mio grande stupore da La Casa degli Orrori, fantastico blog che consiglio davvero a tutti di visitare almeno una volta al giorno.

Regole per l'assegnazione:
1. Chi viene "nominato" deve scrivere un post sull'argomento, citando l'autore della nomina e indicando il link del suo blog.
2. Nominare a propria volta almeno 7 blog, indicandone nell'articolo i link e avvisando i loro gestori del premio.
3. Esibire, ma questo è facoltativo, il profilo-foto di chi ha nominato e di chi è stato nominato.

Ora, io purtroppo non ho ancora 7 blog amici, al diavolo le regole

Allora, innanzitutto devo proprio rimpallare a
La Casa degli Orrori perchè per me merita assolutamente questo premio.
Poi sicuramente nomino anche
Dark Road to Nowhere, il blog del mio tesoro (tessorro), che è stupendo e pieno di racconti bellissimi e terrificanti (c'è bisogno che lo dica? Andate a leggerli, questa donna farà molta strada, potrete dire "io la conoscevo anche prima")
Voi direte: bella forza, li hai nominati solo perchè sono gli unici blog amici. E invece no, se non pensassi che valgono questo premio, non li nominerei affatto
Non mi va di solito di spiattellare le cose che per me sono veramente, veramente importanti sulle pagine di un blog, alla mercè del mondo, ma ho bisogno di sfogarmi e voglio sfruttare l’anonimato pressocchè totale di cui godo in queste pagine per farlo.
Ora, io di solito faccio di tutto per non lamentarmi, cerco sempre di dimostrarmi allegra e tranquilla, in questi giorni certo sarò più seria del solito, ma non mi sono rinchiusa in casa staccando i contatti con il mondo (e lo avrei davvero voluto), non mi sono data malata al lavoro, né mi sono aggirata per l’ufficio con aria mesta chiedendo compassione o altro. Praticamente nessuno dei miei colleghi sa un cazzo della mia vita. Io sono quella taciturna, non parlo mai dei cazzi miei, le informazioni le centellino. In due sanno che mi mio fratello è morto, e mi sono ben guardata dal dire a qualcuno che ieri era l’anniversario. Non l’ho fatto principalmente perché non voglio che la gente mi ronzi intorno cercando di farmi stare allegra o che so io, e anche perché sono cazzi miei fondamentalmente. Voglio solo essere lasciata in pace. Oggi una mia collega mi è venuta sotto, dicendomi che aveva notato che da un paio di giorni ero buia, e voleva sapere che mi è successo. Dopo aver risposto negativamente a tutte le sue ipotesi (problemi in famiglia, litigato col moroso, problemi con i suoceri, problemi con la casa… le ha provate tutte insomma), alla fine tirata a cimento gliel’ho detto. E lei candida mi ha fatto la domanda che tutti mi fanno subito da tre anni a questa parte “I tuoi come stanno?”
Ora, è una domanda legittima, me ne rendo perfettamente conto. Ma credo che si e no due persone in 3 anni mi abbiano chiesto come sto io, invece di domandarmi subito come stanno i miei. I miei stanno da Dio, come volete che stiano? Che domanda è? Come possono stare dei genitori a cui è morto un figlio di 13 anni? Sarò una dannata egoista, ma porca puttana, perché il fatto di essere stata solo sorella relega il mio dolore in secondo piano? Certo, non c’è niente come il dolore di una madre. Sicuro. Non saprò mai cosa prova mia madre, e spero che non mi capiti mai lo stesso, non ci tengo proprio a fare il confronto di persona, ma vi assicuro che quando tu e tuo fratello avete 15 anni di differenza, non sei più una semplice sorella. Io l’ho aspettato, l’ho voluto, ho esultato con mia madre quando il test di gravidanza ha dato esito positivo, e ho ancora ben in mente la notte in cui è nato e la mattina quando l’ho visto per la prima volta all’ospedale.
Io l’ho vestito, l’ho cambiato, l’ho lavato, gli ho dato da mangiare, l’ho messo a nanna, mi sono presa cura di lui quando era neonato. La sua prima parola è stata Tata, che poi sarei io, e ha voluto molto più bene a me che a suo padre. O almeno, con più costanza. Io l’ho sgridato e consolato, ho cercato di educarlo e attendevo con ansia che fosse abbastanza grande per potersi trasferire a casa mia. Il mio sogno era sempre stato che tornasse a vivere con me.
Ero la sua sorellona e lui mi adorava e io lo adoravo, eppure sui giornali dove hanno scritto gli articoli relativi alla sua morte, o non mi hanno nominata, o lo hanno definito addirittura “figlio unico”. Io non ho alcuna importanza, come se per il mondo il nostro legame non fosse mai contato niente.
Sono una dannata egoista, che ci posso fare. Come stanno i miei? Come sto io? Siamo tutti e tre morti tre anni fa, grazie molte per l’interessamento. Perché invece di perdere tempo con queste domande davvero inutili, non chiedete qualcosa di più interessante?
Pensate forse che a noi non faccia piacere parlare di lui? Di solito evitiamo perché le persone si imbarazzano, ma a volte mi sembra che il mondo così perda l’occasione di conoscere una persona speciale. Mio fratello amava i tramonti e i carmina burana. Adorava guerre stellari e il signore degli anelli. Amava Harry Potter ma non riusciva ad andare avanti a leggerlo perché non voleva soffrire troppo. Amava tutti gli animali, e aveva una passione per gli strumenti a percussione. Non poteva ascoltare le musiche di Natale perché lo commuovevano troppo. Giocava con la playstation ma era negato per gli sport, troppo scoordinato. Aveva un bellissimo piccolo neo sul ponte del naso e i dentoni. Aveva una passione per le scienze, da grande voleva fare il veterinario. Aveva appena finito le medie, e il giorno prima di morire si era andato ad iscrivere al Liceo Scientifico. Ne era entusiasta perché aveva saputo che tra le attività extrascolastiche c’era anche fotografia, che era la sua passione. Amava andare al cinema e leggere. Era un piccolo nerd, e sarebbe diventato un ragazzo bellissimo, con quel sorriso sbruffone che aveva e gli occhi azzurri. E’ sempre stato “diverso” dagli altri bambini della sua età, e veniva per questo torturato dai bulli quasi tutti i giorni, ma era molto orgoglioso e non ne ha mai fatto parola a casa. Era molto insicuro e si sottovalutava tantissimo, credeva di non essere abbastanza intelligente, quindi spesso non ci provava nemmeno. Era fermamente convinto che non avrebbe mai fumato, bevuto alcolici, assunto droghe. Fin da piccolo, non mangiava più caramelle di quanto gli fosse consentito, anche se nessuno lo vedeva.
Era il mio fratellino, una persona meravigliosa, e mi manca da morire.

Nullafacenza


Oggi mi sono svegliata presto (bè, presto per me... erano le 10 più o meno). Volevo approfittare della giornata a disposizione per scrivere un pò, prima di andare al lavoro stasera. Nei giorni scorsi non ci sono riuscita perchè avevo sempre da fare, ma ieri sera mi è venuta un'idea molto molto buona per completare "Non per caso", così volevo fare la brava oggi e scrivere scrivere scrivere... peccato che poi ho avuto la pessima idea di accendere la tv, e un telefilm tira l'altro... Che palle... Credo sia anche colpa del caldo, non riesco a trovare la concentrazione giusta. Ho tre cose in ballo, più diverse idee per altre storie. Eppure non riesco a scrivere neanche una riga.

Mi sa che adesso la pianto di fissare lo schermo e me ne vado a pranzo fuori.

Domenica

Oggi ho deciso di postare il primo racconto "racconto" che ho scritto nella mia vita. In realtà, avevo scritto altri raccontini prima di questo, un paio alle elementari e almeno uno alle medie, però non riesco a considerarli con serietà.
Questo racconto, che è stato scritto per un compito in classe di italiano quando ero in seconda superiore (tema libero: scrivete un racconto. Mi è sembrato una cosa meravigliosa, quando ci è stato assegnato. Me lo ricordo ancora come se fosse accaduto l'altro ieri, invece che quasi diciassette anni fa), è il mio primo vero racconto con atmosfere horror. E' assurdo, scritto male, incoerente, semplicistico come può essere un lavoro fatto da una quindicenne senza alcuna nozione di scrittura creativa, ma devo dire che nonostante tutto ha un alone onirico che conserva un certo fascino ancora adesso. E poi non posso non amarlo, è come un figlio per me, gli vorrò sempre bene. Con questo lavoro ho poi partecipato ad un concorso di prosa e poesia, che veniva fatto annualmente nel mio istituto, ed è arrivato primo nella prosa, per cui è stato incluso in una micro raccolta e sono finita sul Resto del Carlino con una bella foto della mia espressione estasiata. Insomma, ho avuto il mio primo (e penultimo) momento di gloria come scrittrice.
Ma ora basta, bando alle ciance. Eccolo qui.


DOMENICA
“Allora noi usciamo, Michelle. Mi raccomando, fate i bravi.”
“Certo, papà!” Gli sorrisi, grata per la dimostrazione di fiducia nei miei confronti. Rispose al mio sorriso, anche se con un’ombra di preoccupazione nello sguardo.
“E’ la prima volta che ci strappi il consenso di far venire i tuoi amici a mangiare qui a casa, mentre noi non ci siamo. Come tu ci sia riuscita non l’ho ancora capito, ma fai in modo che non ce ne dobbiamo pentire, ok?”
“Certo, papà!”, ripetei con un sorriso ingenuo stampato sul volto.
“Bene, spero che tu abbia ascoltato almeno una parola di quello che ti ho detto. Ci vediamo stasera.”
Probabilmente sarebbe rimasto molto volentieri ancora qualche momento, in modo da spiegarmi più dettagliatamente cosa volesse dire rimanere a casa da soli, con degli amici, per una giornata intera, ma la mamma, dal basso, stava suonando il clacson da circa cinque minuti, e c’era il rischio che qualche vicino, disturbato nella pace della domenica mattina, le tirasse dietro i soprammobili.
Gli lanciai un saluto mentre lui già correva giù per le scale, urlando “sto arrivando” alla mamma, che però continuava a suonare il clacson come se niente fosse.
Qualche secondo dopo, una violenta sgommata mi indicò che erano partiti.
Finalmente ero sola.
Mi precipitai in camera ed accesi lo stereo a volume massimo. Davano della musica bellissima, piena di ritmo.
Andai in sala da pranzo movendomi a tempo e cominciai a preparare la tavola, in modo da avere poi tutto il tempo per prepararmi.
Il pranzo si prospettava delizioso: spaghetti con le vongole, pollo arrosto con patate al forno, frutta mista e, per finire in bellezza, torta fatta in casa, degna dei migliori ristoranti. Ci avevo lavorato ore il giorno prima, in modo che fosse tutto perfetto. Mi sentivo una provetta padrona di casa.
Finiti i preparativi, avevo molto tempo ancora a disposizione, quindi mi immersi in un bel bagno bollente e profumato, dove mi rilassai per un’ora circa.
Infine, dopo essermi asciugata e vestita, uscii sulla terrazza: i miei amici sarebbero arrivati a momenti.
Chiusi gli occhi per un attimo ed inspirai una profonda boccata d’aria.
Una brusca frenata mi fece sussultare. Aprii gli occhi: erano arrivate due moto che trasportavano un ragazzo ed una ragazza ciascuna. I miei ospiti.
Parcheggiarono le moto in garage e poi, con la stessa delicatezza di quattro cuccioli di elefante, corsero su per le scale.
La prima a comparirmi davanti fu Alessandra, seguita da Luca, Simona e Nicola. Anche loro, come me, erano studenti, ragazzi normalissimi con i classici problemi dell’adolescenza.
Nei loro occhi, come nei miei, ancora si leggeva solo allegria e spensieratezza.
Dopo aver fatto gli onori di casa, portai in tavola gli spaghetti, mentre i ragazzi prendevano posto.
Il pranzo passò velocemente, tra pettegolezzi e risate: tutto era perfetto, proprio come lo avevo immaginato.
Il programma per il pomeriggio era di guardare un film mangiando popcorn. Lo facevamo spesso. Niente finora faceva presupporre ciò che sarebbe accaduto.
Notai quell’uomo mentre riponevo i piatti sporchi nel lavello.
Buttai un’occhiata fuori dalla finestra e lo vidi: era un uomo alto e magro, con capelli castani e ricci. Non ricordo come fosse vestito.
Si trovava nel cortile e voltava le spalle alla casa, fissando un punto oltre il campo incolto che si estendeva dietro casa mia. Non si muoveva. Quando lo vidi, un brivido mi percorse la schiena. Non sapevo perché, ma lo temevo.
In quel momento, squillò il telefono e io corsi a rispondere: mia madre. Le dissi subito cosa avevo visto.
“Un uomo?” fu la sua risposta “Gli hai chiesto cosa vuole?”
“No mamma… mi fa paura!”
“Va bene, ascolta: tu e i tuoi amici state in casa e non aprite a nessuno. Noi veniamo subito, stai tranquilla.”
“Grazie mamma. Ti voglio bene”
“Anch’io te ne voglio, tesoro!”
Dopo aver chiuso la telefonata, per un po’ cercai di dare retta al consiglio di mia madre. Non dissi niente agli altri. Poi, però, la curiosità ebbe la meglio. Andai alla finestra della cucina e bussai più volte.
Dapprima, l’uomo non si mosse, come se non potesse sentirmi. Improvvisamente, si voltò e mi guardò.
Aveva una faccia lunga e scura ed uno sproporzionato naso bianco.
Ma la cosa peggiore erano gli occhi. Non riuscivo a capire come fossero fatti, sembravano in un continuo turbinio. Provai un senso di orrore e fuggii.
Tornai in sala da pranzo con gli altri e, terrorizzata, raccontai ciò che avevo visto.
I ragazzi mi dissero che sicuramente non c’era niente di cui aver paura, di certo avevo preso un abbaglio, probabilmente si trattava semplicemente di un contadino, ma le ragazze invece si spaventarono dopo aver ascoltato il mio racconto.
Dopo venti minuti circa, decisi di tornare in cucina per vedere se era ancora lì. C’era.
Stavolta però non feci nulla, i miei genitori sarebbero arrivati a breve.
Lui era ancora immobile e guardava il campo. In quel momento, arrivarono i miei genitori.
Scesero dalla macchina e si avvicinarono all’uomo, che si voltò lentamente verso di loro.
Corsi verso la porta d’entrata, volevo raggiungerli.
Mentre stavo aprendo la porta, un urlo acuto di paura risuonò nell’aria. Mi bloccai sull’uscio con il sangue gelato nelle vene.
Guardai i miei amici. Mi stavano fissando terrorizzati.
Con il cuore in gola, attesi altri rumori, un altro urlo… qualcosa, insomma, ma niente. Intorno a me regnava il silenzio totale.
Mi decisi ad andare a vedere cosa fosse successo, ma non riuscivo a muovermi. I miei amici restavano seduti e mi fissavano. Sembravano statue di cera.
Finalmente mi convinsi ed andai alla finestra della cucina.
Guardai fuori e urlai. Urlai a lungo di dolore e disperazione.
L’uomo con i capelli ricci era là, nel cortile, in piedi, ed aveva le mani sporche di sangue… ma non solo le mani: ovunque era stato spruzzato con il sangue. Aveva un lungo coltello nella mano sinistra.
Ai suoi piedi c’erano i corpi dei miei genitori. Le teste, però, erano saltate a qualche metro di distanza.
Il volto di mia madre si vedeva molto bene: era ancora contratto in una espressione di folle paura. Forse fu uccisa per ultima.
Quando urlai, l’uomo si voltò verso di me e mi sorrise. A quel punto, capii che per me era finita: ora sarebbe stato il mio turno.
Per un attimo solamente, la vista mi si annebbiò e mi sentii sprofondare in uno stato di semi incoscienza. Dovetti reggermi alla maniglia del frigorifero per non finire a terra.
Il cervello sembrava dovesse scoppiarmi da un momento all’altro, tutti gli arti mi si erano irrigiditi… credevo di impazzire, ma tutto tornò alla normalità d’un colpo quando mi accorsi che lui aveva cominciato a camminare. Non potevo, non dovevo lasciarmi andare. Non pensai più ai miei genitori, ma a me ed ai miei amici.
Se avessi ceduto, per noi sarebbe stata la fine. Senza esitare, corsi in sala da pranzo.
Simona ed Alessandra stavano piangendo per la paura, Luca e Nicola le stringevano fra le braccia senza capire cosa stesse succedendo, pallidi e tesi.
Non ero per niente sicura che potessero resistere, se avessero saputo quello che era accaduto, ma non potevo fare altro che dirglielo, non avevo altra scelta.
“Li ha… uccisi… ha ucciso i miei genitori e adesso sta venendo qui!”
Vidi le facce dei quattro contrarsi. Parlai di nuovo prima che avessero il tempo di realizzare fino in fondo ciò che avevo detto.
“Non possiamo farci prendere dal panico, non possiamo permettercelo… sta venendo a prendere anche noi e dobbiamo difenderci”
Rimasi stupita di quello che successe: le ragazze smisero di piangere e, in silenzio, vennero da me, seguite dai ragazzi.
Con voci tremanti e stridule, mi chiesero cosa potevamo fare.
“Dobbiamo usare le uniche armi che abbiamo a disposizione: i coltelli”
Lanciai un’occhiata alla porta d’ingresso e mi ricordai improvvisamente che c’erano le chiavi sulla toppa. Per quell’assassino sarebbe stato come un’invito a pranzo entrare in casa.
Dissi agli altri di cercare in cucina i coltelli più grandi di cui disponevo, mentre io avrei staccato le chiavi.
Aprii la porta e mi venne voglia di piangere. Qualche tempo prima, mio padre aveva avuto la bella idea, a suo parere, di studiare una chiusura di sicurezza per la porta. Questa consisteva in un pezzo di ferro che fuoriusciva dal legno della porta, passava attraverso il portachiavi e si avvitava ad un altro che si piantava dalla parte opposta.
Mio padre sosteneva che in questo modo i ladri avrebbero avuto difficoltà a rubare le chiavi che venivano dimenticate sulle porte. Era infatti un po’ di tempo che, nella nostra zona, i ladri prendevano le chiavi che rimanevano sulle toppe per poi rapinare da cima a fondo le case non appena lasciate incustodite. L’idea di mio padre forse era anche buona, ma il sistema applicato lasciava di certo a desiderare. Non glielo dissi mai, ma a mio parere quel “coso” non serviva proprio a nulla.
Tutto sommato, comunque, io non ero mai riuscita a sciogliere l’intreccio dei due pezzi di ferro, e prendere dunque le chiavi.
Fu per questo motivo che mi vennero le lacrime agli occhi. Se non c’ero mai riuscita prima, ero dunque spacciata?
Decisi di contare sulla forza della disperazione. Tentati di sollevare la mano destra e disfare l’intreccio, ma non voleva rispondere ai miei comandi. Semplicemente, non riuscivo a muoverla e mi faceva malissimo. Reumatismi, diceva mia madre, ma quello non mi sembrava proprio il momento più opportuno per un attacco reumatico.
Provai ad agire sulla serratura con la mano sinistra, con scarsi risultati.
Sentii un miagolio e mi voltai: fuori dalla porta a vetri c’era il mio gatto nero che voleva entrare. Stavo per aprirgli, quando sentii dei passi sulla ghiaia, sotto la scala: stava arrivando.
In preda al panico, iniziai a prendere a calci il portachiavi. Quando udii il primo passo per la scala, riuscii a romperlo. Le chiadi caddero a terra rumorosamente.
Le calciai dentro casa e chiusi la porta sbattendola.
Rimasi un momento in ascolto, ma non udii altri passi sulla scala.
“Abbiamo trovato solo questi quattro” disse una voce roca alle mie spalle, facendomi sussultare. Mi voltai di scatto. Era Alessandra, pallida e con il viso rigato di lacrime, che reggeva in mano quattro aguzzi coltelloni da carne.
Con mani tremanti, ne presi uno per me, uno lo lasciai a lei, e gli altri li passai a Simona e Nicola.
“E io… cosa faccio?”
Luca era davanti a me, disarmato, e mi guardava con occhi impauriti e vuoti.
Sulle prime non seppi cosa dirgli, poi mi venne un’idea e corsi in bagno.
Un momento dopo tornai da lui “Tieni” dissi, e gli porsi un paio di affilatissime forbici da barbiere.
“Mi dispiace, io… Sono stata io a coinvolgervi in tutto questo, e adesso non so fare altro che darti delle forbici…”
Gli porsi il mio coltello, ma Luca scosse la testa dicendo “Penso che a te servirà di più. Credo sia solo tu quella che Lui vuole, adesso…”
“Ma perché…” iniziai, quando all’improvviso i passi sulla scala ricominciarono, più veloci, e ci zittimmo tutti.
Ci nascondemmo a fianco della finestra della sala da pranzo, che dava sulla scala.
Sentii dentro di me che l’uomo era oltre quella finestra, e guardava dentro. Ne ero certa, e anche gli altri lo sapevano.
Non respiravamo.
Pensai al mio gatto, che era ancora là fuori, ed ai miei genitori…
Chiusi gli occhi per un momento e strinsi forte l’impugnatura verde del mio coltello.
Quando riaprii gli occhi, non capivo dove mi trovavo. Poi riuscii a realizzare: ero in camera mia, nel mio letto, in un bagno di sudore.
Era stato tutto solo un brutto incubo!
Ma come era possibile? Era tutto così realistico… ne fui comunque sollevata e felice.
Mi alzai, e stavo andando a fare colazione, quando guardai sul mio comodino. C’era un grosso coltello sporco di sangue, con l’impugnatura di colore verde.
Svenni.

Ragazzi perduti

The last fire will rise
Behind those eyes
Black house will rock
Blind boys don't lie

Immortal fear
That voice so clear
Through broken walls
That scream "I hear"

Cry little sister
(Thou shall not fall)
Come, Come to your brother
(Thou shall not die)
Unchain me sister
(Thou shall not fear)
Love is with your brother
(Thou shall not kill)

The masquerade
Strangers will come
When will they learn
This loneliness

Temptation heat
Beats like a drum
Deep in your veins
I will not lie to

little sister
(Thou shall not fall)
Come, come to your brother
(Thou shall not die)
Unchain me sister
(Thou shall not fear)
Love is with your brother
(Thou shall not kill)

My Shangri-La
I can't forget
Why you were mine
I need you now

Cry little sister
(Thou shall not fall)
Come, Come to your brother
(Thou shall not die)
Unchain me sister
(Thou shall not fear)
Love is with your brother
(Thou shall not kill)


Gli Aiden hanno rifatto Cry Little Sister, la colonna sonora di Lost Boys (in Italia uscito con il titolo "Ragazzi perduti"), mitico film horror da adolescenti (oddio, horror è una parola grossa), perchè sta per uscire il remake.
Guarderò di certo la nuova versione, e sono certa che piazzeranno effetti speciali spaventosissimi a destra e a manca, però il film originale rimarrà per sempre nel mio cuore, l'ho amato tantissimo e ha segnato la mia gioventù, non c'era inverno in cui non lo rifacessero su Italia 1, lo so praticamente a memoria. Casualmente, mi è capitato di rivederlo su Sky qualche mese fa.
Rendo omaggio a questo film e al suo splendido tema musicale (devo dire che la versione degli Aiden, oltre a farmi felice visto che una delle mie band preferite è ora associata a un film a cui ho voluto e voglio tanto bene) mettendo la cover qui come sottofondo del blog (tra l'altro, ci sta benissimo). Non dovesse funzionare il player (va a momenti),
qui la potete ascoltare.




(qui si può invece apprezzare la versione originale di Gerard McMann)

La notte può essere molto lunga

Hold on, Hold on tonight love
We'll sleep forever
Hold on, hold on tonight love
We'll sleep forever
Hold on, hold on tonight love
Close you eyes
Hey, call the angels. This razor blade was meant for me
Hey, call the angels. We'll mutilate insanity

The Haunting

Voglio rivedere questo film, chissà che non mi aiuti ad entrare nella giusta atmosfera


Ritagli di tempo


Un caffè, il tavolino di un bar, qualche decina di minuti liberi prima del lavoro, un pò di tranquillità. Basta davvero poco per prendere in mano carta e penna e buttare giù qualche riga.

In teoria.

In pratica, di solito il bar in questione è zeppo di bambini urlanti, manager rampanti che ciarlano al cellulare, crocchi di impiegate che spettegolano sulla minigonna della nuova arrivata. Il caffè bisogna berselo appoggiati al bancone del bar, e se per miracolo si trova invece un tavolino libero, di sicuro ormai l'ispirazione se n'è andata a farsi un giro. Ma tanto il problema non si pone, perchè il tempo scarseggia e bisogna già correre al lavoro.

Stamattina invece non è andata così. Stamattina sono arrivata al bar con mezzora di anticipo rispetto all'inizio del turno. Era tardi per cui non c'erano altri avventori. Ho avuto immediatamente il mio caffè americano bollente, mi sono accomodata al tavolino vicino alla finestra, e nel giro di un paio di minuti avevo già trovato l'ispirazione necessaria per riprendere in mano il racconto che ormai giaceva dimenticato da più di due settimane nella mia borsa.

Certo, in mezzora non ho scritto granchè, è naturale. Però mi sono sbloccata, e questo è il punto chiave. Ora trascriverò sul pc quanto prodotto, e così se tutto va bene entro stasera un paio di pagine spero di averle buttate giù. Da qualcosa bisogna pur cominciare...

Retrocognizione, infestazione di edifici, psicosopia, impregnazione psichica...........


Sto cercando di legare diversi fenomi paranormali di questo tipo in un racconto che è via di sviluppo. Ancora non so bene come, però ho un'idea in mente che devo riuscire a sviluppare decentemente. Nel frattempo, sto facendo qualche ricerca in rete





Retrocognizione: Il termine retrocognizione significa semplicemente chiaroveggenza nel passato.Può presentarsi in vari modi, tutti sperimentati:- soggetti sotto ipnosi hanno raccontato di intere giornate di altre persone e in questi casi potrebbe trattarsi semplicemente di telepatia tra i soggetti;- altre volte la retrocognizione può verificarsi come descrizione della storia di un oggetto (induttore) che nelle mani di un sensitivo rilascia la storia che ha alle spalle. In questi casi parliamo di chiaroveggenza tattile;- ennesimo modo è il verificarsi di una visione di eventi passati nell'ambiente dove il sensitivo in quel momento si trova.In numerosi casi un oggetto può rappresentare un "appoggio" per raggiungere lo stato psicologico adatto.Entrando nel nucleo della questione, dopo numerose ipotesi, come è normale quando si studiano i fenomeni paranormali, quella più accreditata sembra essere la teoria spiritista:un oggetto o un fatto lascerebbero dietro di se delle tracce immateriali legate alle persone o ai fatti accaduti.Seguendo questa ipotesi, il passato continuerebbe ad esistere come esisterebbe già il futuro sulla traccia del primo (Corrispondenza universale di Jung). (fonte: Paranormale.com )

Impregnazione psichica: Il medico americano Joseph Rhodes Buchanan affermò nella metà del secolo scorso: "...il passato è sepolto nel presente."Questa affermazione a distanza di tanti anni fa ancora riflettere: tutto ciò che avviene ed è avvenuto lascia traccia nelle cose e questa teoria potrebbe essere alla base di numerosi fenomeni paranormali quali anche le apparizioni di defunti.Successivamente il geologo Denton fu certo di poter correggere la teoria del professor Buchanan ed affermò che "... il passato non è sepolto nel presente ma vive in esso e può essere letto con la stessa esattezza con la quale un osservatre dell'epoca ha potuto assistere all'evento in questione!" e continua dicendo: "... non si può entrare in una stanza di giorno e di notte senza lasciare dietro di se una scia, una traccia del passaggio nelle cose che sono in quella stanza.". (fonte: Paranormale.com )
Secondo tale teoria, alcuni individui sarebbero portatori inconsapevoli di una particolare energia psichica molto forte. Quando tali individui si trovano a vivere eventi particolarmente violenti dal punto di vista fisico e/o psicologico (una ingiustizia, una crudeltà, una morte violenta o improvvisa, per esempio), tale energia troverebbe sfogo esternamente, andando ad impregnare, come fosse una spugna, la materia tutt’attorno. In seguito, anche dopo la morte dell’individuo e dunque la scomparsa della fonte primaria di tale energia, l’ambiente, i luoghi e gli oggetti, continuerebbero a conservare parte di tale energia e, come ripetitori televisivi, a trasmetterla continuamente. Strettamente collegata alla precedente è la teoria formulata da Peter Underwood e Hermann Wilkins, dell’università dell’Ohio. Secondo tale teoria, i fantasmi altro non sarebbero che immagini provenienti dal passato. Secondo i due ricercatori, in particolari condizioni fisiche ambientali, si creerebbe una sorta di temporaneo “buco temporale”, che permetterebbe di vedere nel passato per pochi secondi. Tale teoria spiegherebbe, ad esempio, perché i fantasmi sarebbero in grado di attraversare porte chiuse o muri: dove ora ci sono tali barriere, in passato, “la via era libera” e gli uomini, le immagini dei quali torniamo momentaneamente a vedere, potevano muoversi liberamente (fonte: Dal tramonto all'alba )

Infestazione: Con questo termine si intende una manifestazione spontanea di fenomeni paranormali vari (che si producono anche in assenza di medium), che sembra essere legata al luogo e che può perdurare nel tempo.La fenomenologia è quanto mai varia e può andare dalle apparizioni ai raps, dai movimenti di oggetti a fenomeni sonori di vario tipo: a volte può presentare più tipi di fenomeni mentre altre volte un solo tipo di fenomeno che regolarmente si ripete.Errore tipico in cui si incorre durante un caso simile è confondere un caso d'infestazione con un caso (assai simile ma fondamentalmente diverso) di poltergeist. Ennesima distinzione e' il caso d'infestazione dal caso di psicoscopia durante il quale persone sensitive hanno visioni o percepiscono voci o suoni.
Possiamo certamente suddividere i casi d'infestazione in due tipologie principali:
MECCANICO: in cui le manifestazioni d'infestazione si ripetono continuamente sempre allo stesso modo indipendentemente dai presenti.
INTELLIGENTE: manifestazioni appunto a carattere intelligente fino al punto di stabilire comunicazioni varie con i testimoni. Possono comunque contenere anche manifestazioni di tipo meccanico.
Allo stesso modo potremmo catalogare le ipotesi principali che tentano di spiegare in modi diversi i casi di infestazione:1° ipotesi - il fantasma infestante rappresenta lo spirito di un defunto che per qualche motivo non si è reso conto di essere morto ed è per questo che vaga in attesa di ritornare in vita.2° ipotesi - il defunto è consapevole di essere trapassato ma non riesce a liberarsi delle vicende a cui era legato in vita: la cosa è incentrata su avvenimenti per cui lo spirito inquieto prova rancore, rimorsi o rimpianti.3° ipotesi - l'infestazione di uno spirito rappresenterebbe un mezzo di comunicazione attraverso il quale il predetto spirito cerca di avvertire i viventi di qualcosa: pericolo vicino, morte in arrivo, ecc.Proprio a questa terza ipotesi potrebbe collegarsi un episodio abbastanza conosciuto, risalente al 1858 (circa): il fisico scozzese David Brewster e sua figlia furono ospiti dei coniugi Stirling. Dopo un'intera notte di rumori strani la signorina Brewster uscì dalla sua camera da letto scorgendo una figura femminile che additava la porta della camera da letto dei coniugi Stirling. Questi quando gli fu riferito, rimasero molto turbati poichè secondo una antica leggenda, quel fantasma era sempre apparso solo per preannunciare una morte imminente. Fu così che nello stesso anno, durante la rivolta dei Sepoy, i coniugi Stirling morirono in India.
4° ipotesi - il Myers avanzò l'idea che le apparizioni possano essere sogni materializzati o comunque trasmissioni telepatiche verso i viventi.5° ipotesi - ultima ipotesi potrebbe porre l'immagine del fantasma infestante come impronta psichica (o proiezione mentale): praticamente una proiezione mentale del fantasma quando era ancora in vita, da mantenere la ripetizione della sua materializazione nel tempo.
Ci sono comunque casi limite in cui si incrociano infestazioni, sogni e vicende di tutti i giorni: il caso di un fantasma che venne visto dalla padrona di una casa in affitto e che il giorno seguente rivide materializzato in una signora che chiedeva di fittare l'abitazione che stranamente aveva sognato la notte precedente. (fonte: Paranormale.com )

Psicosopia: Fenomeno che permette ad un sensitivo che entra in contatto tattile con un oggetto, di percepirne la storia e gli eventi a cui è stato presente: quindi è sempre un fenomeno di retrocognizione ove l'oggetto in questione rappresenta un oggetto induttore.Deriva dal greco psychè = anima - psiche e da skopèin = vedere ed è stata introdotta in sostituzione del termine psicometria risalente al 1842.Il fenomeno fu scoperto per caso nel 1840 dal neurologo Joseph Rhodes fautore della frase "Il passato è rinchiuso nel presente...".Il Rhodes scrisse anche alcune opere sull'argomento che attrassero l'attenzione di un geologo di Boston, il prof. William Denton che unì le teorie del Rhodes con ciò che accadeva alla moglie quando si trovava in contatto con vari minerali. La donna infatti, al contatto con questi minerali presentava una sensitività che le permetteva di ricostruire fenomeni geologi nei quali erano stati coinvolti i minerali che aveva dinanzi.In Italia esperimenti sulla psicoscopia vennero condotti dal prof. Francesco Egidi e dal dott. Piero Cassoli.
Un posto d'onore è occupato dalla cosiddetta piscoscopia d'ambiente, dove l'oggetto induttore è l'intero ambiente in cui si ritrova il medium.Facili gli esempi come i nitriti di cavalli e i frastuoni di guerra che ancora qualche sensitivo ode sul campo di battaglia di Maratona.Tantissime ipotesi sono state avanzate ma normalmente poi si ritorna sempre alla teoria dell'impregnazione per poi scarlarla.Altre teorie meno accreditate sono un contatto telepatico tra il sensitivo e qualcuno che anche se non presente all'esperimento, conosce la storia dell'oggetto induttore, o ancora ad una memoria universale, all'inconscio collettivo, al serbatoio cosmico, etc. (fonte: Paranormale.com )

Poltergeist: Con il termine Poltergeist (termine tedesco che vuol dire spirito chiassoso, rumoroso) indichiamo tutti quei fenomeni incentrati in particolare nei movimenti di oggetti, rumori, fuochi, voci umane, pioggia di sassi più una grande quantità di modifiche nell'ambiente circostante. Questa fenomenologia paranormale viene altresì indicata con la sigla RSPK e cioè Psicocinesi Spontanea Ricorrente ed è uno di quei fenomeni ancora oggi conteso tra chi ne teorizza le origini spiritiste e chi quelle parapsicologiche.
Cosa che in quasi tutti i casi di RSPK sembra emergere è una sorta di "mente-regista" che sprigiona (attraverso azioni deleterie) la completa volontà di fare del male, di offendere.
La numerosa casistica ha permesso di individuare determinati fattori specifici dei casi di RSPK:
- strani rumori: battiti, pichiettii, fruscii;
- spostamenti e/o sparizioni di oggetti;
- apparizioni di scritte o disegni su pareti, mobili, carta;
- distruzione di oggetti;
- allineamento di oggetti;
- apparizioni di pozze d'acqua;
- fuochi;
- sensazione di essere spinti da una forza invisibili
. (...)
Tra gli studiosi della materia si è raggiunta una sorta di concordanza nel ritenere più certe di altre delle ipotesi che altre:il fenomeno dei poltergeist si manifesterebbe nella maggior parte dei casi tramite un soggetto riconducibile a quell’ambiente o perchè abitante dello stesso o perchè lo frequenta assiduamente. L'identikit di un soggetto "portatore involontario" di un poltergeist è nella fase pre-puberale (nelle donne può accadere nel periodo delle prime mestruazioni) con problemi sociali/familiari o comunque con turbe emotive che lo porterebbero a sviluppare energia psicocinetica. Queste situazioni tese, in un adolescente, possono provocare il fenomeno poltergeist in quanto i soggetti non riuscirebbero a sfogare queste tensioni interne irrefrenabili. Il soggetto diventa il fulcro delle manifestazioni che vanno scemando in maniera concentrica quanto più ci si allontana dal soggetto.Si tratta "semplicemente" di un fenomeno di psicocinesi involontaria che dà luogo a manifestazioni psicocinetiche involontarie invece di dar luogo a sintomi o sogni e che va a scomparire con l'avanzare dell'età e/o con il superamento di problemi legati alla sessualità del soggetto.C'è da dire comunque che si sono verificati casi di "agenti poltergeist" in età adulta che avevano problemi psicologici comunque legati all'infanzia ed alla pubertà.Andrew Green, eminente “cacciatore” di fantasmi britannico, affermò che i fenomeni poltergeist hanno invariabilmente origine da stress, traumi e disturbi mentali di chi li subisce.(fonte: Paranormale.com )
I fenomeni o, in un' ottica parapsicopatologica, i sintomi con cui si manifesta possono essere: improvvise cadute a terra d' oggetti, loro spostamenti o voli; lampade, fornelli o radio che si accendono e si spengono da soli; suoni percussivi: battiti e tonfi, rumori che si avvertono nei mobili o nei muri; quadri che precipitano dalle pareti o che ruotano, squilli di campanelli, bicchieri e piatti che vanno in frantumi, finestre e porte che si aprono e si chiudono da sole, guasti all' impianto elettrico, incendi, etc... il tutto, ovviamente, senza origine fisica accertata. E' raro che episodi di poltergeist si protraggano oltre i due mesi. Fenomeni di anomalie cinetiche di questo genere sono tutt'altro che rare: un interessante elemento osservato già dai primi pionieri della ricerca psichica, è che questi fenomeni paiono prodursi come se una mente intelligente li guidasse; una mente intelligente mossa dalla rabbia, da una volontà di rivalsa, in preda ad un raptus furioso. (...) Psicologi, psichiatri e parapsicologi che in prima persona si sono occupati di casi di RSPK, spostando la loro attenzione dal fenomeno in sé all' ambiente nel quale si presenta, hanno definito oppressivo e limitante il clima psicologico nel quale l' agente focale vive. I fenomeni RSPK compaiono in momenti in cui erano avvenuti nella famiglia cambiamenti e/o problemi che potevano avere influito sull' agente focale. I seguenti eventi ansiogeni connessi all' RSPK: l' insorgenza del fenomeno compare quando la persona focale e la famiglia si trasferiscono in un altro luogo, quando essa è ammalata o sottoposta a insolite tensioni psicologiche, quando un genitore o un' altra persona significativa sono lontane da casa, oppure l' RSPK comincia immediatamente dopo la morte di un parente o di un amico. (...) Ogni evento paranormale s'iscrive all'interno di un Sistema Fenomenico Paranormale, "questo perché i fenomeni psi rappresentano la risultante finale, cioè l' effetto, di un complesso processo interattivo che si realizza tra parti, o elementi, o unità di sistemi diversi", aggiungendo che "ogni rapporto interattivo realizza nel soggetto un evento informativo; acquista cioè la connotazione di una comunicazione significativa", inoltre, riguardo specificatamente il poltergeist: "proprio in funzione della sua forte connotazione di interazione sociale, ritengo che possa essere considerato un vero e proprio evento di comunicazione non verbale ad estrinsecazione extracorporea". (fonte: Dal tramonto all'alba )

Appunti di un sogno

Stanotte ho avuto un barlume di coscienza e, riemergendo all'improvviso dal sonno in cui ero sprofondata, mi sono resa conto che stavo sognando di scrivere un romanzo. Ho cercato di riaddormentarmi al più presto, per tentare di rientrare nel sogno e non perdere il filo della trama.

Purtroppo, questa mattina il risveglio è stato troppo rapido e brutale, e il sogno ed il suo contenuto è evaporato non appena ho acceso la luce sul comodino e mi sono trascinata in bagno per gli abituali preparativi. La trama è perduta. Magari si sarebbe rivelata inutilizzabile, come spesso mi accade, però chissà, magari invece poteva contenere degli spunti interessanti... pazienza, posso solo sperare che alcuni dettagli siano rimasti imprigionati nel mio subconscio, e che riescano comunque a trovare la strada per essere messi su carta, prima o poi.


Per rimanere in tema, un paio di giorni fa stavo tornando a casa dal lavoro e, per ragioni che ora non sto qui ad approfondire, ho deciso di fare un tragitto differente da quello abituale.

La strada che ho scelto, mi ha condotto lungo un tortuoso percorso di campagna. Mentre attraversavo un paese sperduto in mezzo al nulla, mi è tornato alla mente all'improvviso un sogno che mi è capitato di fare diversi anni fa. Credo di averlo sognato due o tre volte in tutto, ma mi è rimasto impresso, soprattutto per la sensazione strana che mi aveva trasmesso. Nonostante si trattasse di un sogno apparentemnte tranquillo, addirittura un pò noioso (un piccolo paese di campagna, costeggiato dall'argine di un fiume, con tante vecchie case, una piazza, una chiesetta, pochi abitanti), l'atmosfera di angoscia e oppressione che lo permeava me lo ha sempre fatto classificare come incubo. Eppure, in un certo senso, era un incubo che facevo volentieri. Era un posto in cui tornavo con piacere, per così dire.

Attraversando questo paese della campagna a sud di Bologna, l'incubo mi si è ripresentato nitido davanti agli occhi, e così ho iniziato a pensare ad una trama da utilizzare per il concorso a tema "Sogno", che scade in luglio. L'idea, che non approfondirò qui almeno fino a quando non sarà meglio defiita, è un pò simile a quella di un Dylan Dog che ho letto un paio di mesi fa, ma la somiglianza è assolutamente involontaria e casuale, in quanto si tratta poi alla fine di due concetti sostanzialmente diversi. D'altronde, credo che non ci sia trama horror che non sia già stata in un qualche modo sviluppata nei fumetti Bonelli.

Perchè questo blog

E perchè no?
Ho bisogno di un posto buio dove esplorare i recessi della mia anima e condividerli con chi vorrà
fermarsi ad ascoltare i miei sussurri e le mie grida.
Siate tutti i benvenuti.