Più diventerai intelligente e più problemi avrai, Charlie
Ho aspettato troppo per scrivere il commento a questo libro, e come sempre mi succede se non sono fresca di lettura, è andata a finire che mi sono dimenticata le considerazioni che volevo fare.
Mi limiterò ad un paio di pensieri al volo.
Intanto, devo segnalare che ho nutrito un sentimento di amore/odio nei confronti del protagonista, Charlie. Come accade ai personaggi del libro, anch'io l'ho amato di più nella sua versione non intelligente, perché è dolce, dotato di grande bontà, umiltà, gentilezza e fiducia verso il prossimo. Inoltre, la sua spinta a migliorarsi, ad imparare, è commovente.
Il Charlie genio invece è antipatico, pomposo, freddo. Certo, se ne può dedurre facilmente che l'intelligenza da sola non fa di te una persona
migliore, questo è un cliché piuttosto banale. Ma avrei sicuramente provato un maggiore trasporto, una maggiore compassione nei confronti di Charlie se fosse risultato minimamente simpatico anche da intelligente. Naturalmente, il romanzo e il suo epilogo, risultano essere lo stesso molto commoventi, ma la voglia che ho provato in più punti di prendere Charlie a sberle mi ha un po' smorzato l'empatia.
Comunque, la storia è brillante e contiene molti spunti di riflessione. La parte iniziale ritengo sia la migliore, con il diario scritto in modo stentato, traboccante di errori, ma pieno di sentimento, di vita, di speranza.
A parte Charlie, gli altri personaggi li ho trovati troppo abbozzati per poter risultare interessanti. Diciamo che sono potenzialmente interessanti, ma vengono un po' troppo buttati lì per i miei gusti.
Ho scoperto (non ne avevo idea) che la storia originale era nel formato del racconto breve, e solo successivamente Keyes ha deciso di allungarla fino a farne un romanzo. Secondo quanto ho letto, il racconto è molto più bello, commovente e di impatto rispetto al romanzo, per cui voglio andarmelo a cercare.
Da questa storia nel 1968 è anche stato tratto un film, I due mondi di Charly, e il protagonista (Cliff Robertson, che abbiamo visto anche nei panni di Ben Parker, lo zio di Peter, nel primo film di Spiderman) ha preso l'Oscar come migliore attore per la sua interpretazione di Charlie. Mi sono procurata il film, ovviamente, e me lo sto tenendo in caldo per un venerdì sera autunnale: prevedo di piangere molto, soprattutto alla sepoltura di Algernon, per cui ci vuole il clima adatto, che per me si traduce in popcorn, birra o un buon bicchiere di vino, divano munito di plaid e una bella nebbia novembrina fuori dalla finestra.
I ragazzi normali crescono troppo rapidamente e non hanno più bisogno di nessuno... se ne vanno per conto loro... dimenticano chi li ha amati e ha avuto cura di loro. Ma questi fanciulli hanno bisogno di tutto ciò che siamo in grado di dare... per tutta la vita.
L'intelligenza è uno dei più grandi doni umani. Ma la ricerca della conoscenza esclude anche troppo spesso la ricerca dell'amore. Questa è un'altra cosa che ho scoperto per mio conto molto di recente. Gliela offro come un'ipotesi: l'intelligenza, senza la capacità di dare o ricevere affetto, porta a un tracollo mentale e morale, alla nevrosi e forse anche alla psicosi. E io dico che la mente assorta e chiusa in se stessa come un fine centrato nell'io, a esclusione dei rapporti umani, può condurre soltanto alla violenza e al dolore
Ho paura. Non della vita o della morte o del nulla, ma di sprecare la vita come se non fossi mai esistito.
PS per piaccere se posono metano cualke fiore su la tomba di Algernon nel kortile
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