Questo libro è il frutto di una lunga inesperienza. È il racconto di un
anno trascorso negli Stati Uniti, un paese nel quale, mi sono reso
conto, si arriva assolutamente impreparati. Quello che avevo imparato in
molti viaggi precedenti non è servito a niente, e il bombardamento di
«notizie americane» sull'Europa funziona come un riflettore puntato
negli occhi: la luce è molta, ma si vede poco. L'America normale —
quella che s'incontra uscendo dagli aeroporti, a meno d'essere
particolarmente sfortunati — è uno dei segreti meglio custoditi del
mondo.
Leggere Severgini è sempre piacevole, in questo periodo poi ho molta
voglia di USA (mentre scrivo sto mangiando pancakes con sciroppo d'acero
e bevendo caffè americano - quello vero, fatto nel broccone - in un
simil-diner italiano, tanto per dire), per cui leggere questo libro mi
ha da una parte divertita, dall'altra mi ha messo addosso una voglia
ancora più grande di partire ed esplorare quel mondo americano, così
famigliare ma al tempo stesso così lontano (ho fatto anche la rima).
In realtà, il libro di Severgnini mi ha fatta più che altro sorridere in senso affettuoso, perché è stato scritto e vissuto 20 anni fa, e il mondo (e anche l'Italia) è cambiato molto da allora, soprattutto grazie a quel world wide web che lui guarda un po' con timore reverenziale (uno dei passi più belli è quando dice