Cronache di una convention a Fiumicino - Parte 1



Non si sa bene come e perché, ma in questo weekend di Pasqua ho preso 2 etti. Mi direte che è normale a Pasqua, tra uova, colombe e pranzi della domenica e di pasquetta.

Sarebbe normale, ne convengo, se non fosse che io Pasqua non l’ho passata con i miei parenti. Rispettando il motto “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi”, io ho preferito passarla con Jensen Ackles, Jared Padalecki, Misha Collins, Jim Beaver, Richard Speight Jr, Traci Dinwiddie… insomma, per farla breve, con il cast di Supernatural. Dove? Alla prima convention italiana dedicata al telefilm, la Jus in Bello (dal titolo di un episodio molto importante della 3 stagione) Supernatural Convention, che si è tenuta presso l’hotel Hilton Airport di Fiumicino dal 2 al 4 aprile.

Cosa posso dire di questi 3 giorni? Bè, innanzi tutto, che stare ad una convention di fan è un po’ come vivere per qualche giorno in un universo parallelo. Il cervello si abitua in fretta alle novità, e devo dire che dimostrazione ne ha dato il fatto che, la domenica sera, Richard Speight Jr (che nella serie interpreta the Trickster o, per meglio dire, Gabriel) passava allegramente per la hall dell’Hilton per uscire a cena e noi lo abbiamo salutato con la manina dai divani in cui stavamo barboneggiando in attesa dell’inizio del concerto di Steve Carlson, e lui ha ricambiato “Hi!” ha detto, “Hi!” abbiamo risposto noi, ma non ci siamo neanche degnate di alzarci o non gli abbiamo chiesto foto o autografo o altro, e sì che era completamente solo, senza scorta o accompagnatori. E’ che ormai eravamo abituate a vederlo passare, e il nostro cervello (o perlomeno il mio) si era talmente assuefatto alla sua presenza, che non abbiamo nemmeno considerato che sarebbe stata l’ultima volta che lo incrociavamo. Certo, con Jensen Ackles e Jared Padalecki non ci si abitua facilmente, ma solo perché loro sono più difficili da avvicinare. E probabilmente neanche con Misha, per quanto lui giri senza problemi. Ma Richard e Jim ormai erano “di casa”, giravano avanti e indietro come gli pareva, facendo dannare lo staff che li rincorreva (ricorderò per sempre il ragazzo che accompagnava Misha per gli autografi, che gli correva dietro con le braccia cariche di fogli chiamandolo “Misha, ‘ndò vai Misha”, e l’altro che ha beccato Jim fuori dagli ascensori che si faceva le foto con i fan –me compresa- che erano lì a bighellonare, e preso dalla disperazione ha chiesto ad un altro “Ma questo se gestisce da solo?”, l’altro ha alzato le spalle e, rassegnati, se ne sono andati. Vi spiego: dato che autografi e foto con gli attori erano da prenotare e pagare, il fatto che loro poi se ne girassero per l’hotel concedendo le foto a chi gliele chiedeva “aggratis” va a completo merito loro –sono dei grandi!- ma ha fatto impazzire lo staff, che cercava di fermarli e veniva ignorato. Ad esempio, Richard si è fatto una mega sessione di foto con chiunque glielo chiedesse prima di entrare alla sua ultima sessione di autografi. Poi lo staff l’ha placcato e l’ha portato nella sala degli autografi. Quando è uscito, hanno cercato di farlo passare dal lato in cui non consentivano l’accesso ai fan, ma appena una gli ha chiesto la foto, ha detto “Sure!”, ha sbolognato la roba che aveva in mano alla manager, ha congedato il suo seguito e si è messo a fare foto con tutti, e intanto il ragazzo disperato dello staff che lo chiamava “Richard… Richard… no, Richard” e lui l’ha guardato e sorridendo gli ha chiesto “Am I in trouble?” (“Sono nei guai?”) e il tipo dello staff gli ha fatto un gesto tipo “eggià, vedi te!”, lui per tutta risposta ha sorriso di più e ha continuato con le foto). Un’altra cosa che descrive perfettamente la convention come “universo parallelo” è la frase che mi ha detto una ragazza domenica sera “Per tre giorni le tue preoccupazioni diventano: dove mi faccio fare l’autografo? Come mi vesto per la foto? Oddio, ho le occhiaie e i capelli mosci, come faccio che ho la foto con Jensen/Jared/Misha?” E vi assicuro che è così (a queste preoccupazioni aggiungerei anche “ma se io adesso mi metto in coda per l’autografo, poi mi perdo il panel di Misha… però se sto qua vedo passare Jensen che alle 15 scende qui in saletta, se vado a vedere il panel me lo perdo” Questo discorso però vale principalmente per chi, come me, aveva il pass Hunter, che non consentiva l’accesso ai panel, per cui a volte si sacrificava la visione di un attore da uno schermo 32’’ schifosissimo, a favore di tre secondi di passaggio in carne ed ossa a pochi cm di distanza). Io la domenica mattina, dopo due giorni di puro sbattimento, mi sono alzata alle 7 spinta solo dal pensiero assillante “Jensen, Jensen, Jensen, mi devo alzare perché c’è Jensen” (sennò sarei rimasta a dormire almeno altre due ore. Ma non si può, le attività iniziano alle 9 e prima dovevo anche fare colazione), sono andata in bagno, ho guardato le sportine blu dell’Ikea che avevo sotto gli occhi, contornati dai capelli sporchi e piatti, e sono tornata sconsolata in camera, in ansia per come sarebbe venuta la foto con Jensen e Misha. L’ho detto, è un mondo a parte, un mondo di pura fangherlaggine in cui piombi volente o nolente. So di almeno una ragazza (che poi ho conosciuto) che ha pianto perché l’hanno costretta a fare la foto il sabato (quando lei si era mentalmente programmata di farla la domenica), per cui non era pronta, non aveva i vestiti giusti, i capelli a posto etc etc, la foto è venuta ovviamente malissimo perché non voleva farla, e così ne ha ripagata un’altra il giorno dopo per rifarla decentemente. Non credo che al posto suo l’avrei rifatta, costavano troppo le foto, però dipende da quanto ci teneva. In fondo, capita una volta sola, per cui posso dire di capirla. E non è l’unica ad aver avuto una reazione del genere. So di un’altra ragazza che è andata in crisi perché era emozionatissima all’idea di incontrare Jared Padalecki, e si era comprata la foto (quelle stampate) da farsi autografare, e voleva la dedica, ha chiesto ad un membro dello staff italiano di fare lo spelling del suo nome per lei (non sa tanto bene l’inglese, e non voleva sbagliarsi), ma il tizio dello staff ha sbagliato lo spelling, così Jared ha sbagliato a scrivere il nome. Lei avrebbe dovuto ricomprare un’altra foto e ricomprare un altro autografo (più di 50 euro tra l’una e l’altro), ma intanto le foto di Jared erano finite e non sapeva come fare, lo staff non era per niente disponibile a fare un’eccezione (nonostante l’errore di spelling fosse stato fatto da uno di loro), e lei era disperata. Fortuna vuole che la manager di Misha l’abbia vista e si sia interessata a quale fosse la causa del suo dispiacere, così poi ha provveduto a far saltare fuori un’altra foto di Jared e a fargliela autografare gratis con il nome corretto scritto sopra. Ripeto: un mondo a parte. Ed è stato stranissimo, il lunedì mattina, tornare a quello reale, quello che non è suddiviso in Hunter vs Angel e Demon (e tutti vs Prophet), quello dove se dici come battuta “No flash please” nessuno ride (ditelo a qualcuno della convention, vedrete che capisce), quello dove non ti rivolgi ad una persona sconosciuta per chiedere informazioni, chiedendogli come prima cosa “Sei italiana/o?” (almeno, non normalmente). O altra domanda molto gettonata “Scusa, per cosa sei in coda?”.

Ma andiamo un po’ con ordine. Allora: partenza da casa mia alle 7 e 35 di venerdì mattina, in tempo per prendere il treno per Bologna delle 7:52.

La Vale ed io arriviamo così in stazione a Bologna con un’ora di anticipo rispetto alla partenza prevista dell’IC per Roma, ossia il tempo perfetto per fare colazione al bar con tutta calma.

Dopo la colazione, andiamo al binario e –sorpresa delle sorprese- il treno è perfettamente in orario! E’ strapieno, zeppo di gente da scoppiare (è pur sempre il weekend di Pasqua), ma noi avevamo il posto prenotato (inoltre, avendo preso il biglietto con abbondante anticipo, ho anche usufruito dello sconto del 30%, per cui tra andata e ritorno il treno Bologna- Roma ci è costato 50 € a testa. Non male. Ogni tanto, anche Trenitalia ne fa una giusta), per cui ci siamo accomodate e io ho passato tutto il viaggio (l’arrivo era alle 13:24, quindi circa 4 ore) a giocare a Poker (a Texas Hold’Em) con il Nintendo DS.

Arrivate a Roma, scopriamo che là fa tanto caldo (24 gradi circa) e c’è tanto sole, e noi siamo vestite troppo pesanti. Comunque, siamo lontane dalla meta. Dobbiamo prendere ancora un treno per trasferirci da Roma a Fiumicino, dove effettivamente staremo fino al lunedì.

Per chi non losapesse (io, ad esempio, non lo sapevo), Roma Termini è collegata a Fiumicino da un treno che parte ogni mezzora e giusto in mezzoretta ti porta a destinazione. Il problema è che è solo di prima classe e il biglietto costa ben QUATTORDICI EURO a tratta! Un furto, praticamente, considerando i 25 a tratta per arrivare a Roma da Bologna… vabbuò, non ci sono alternative, per cui prendiamo questo trenino dal binario 25 (che vi giuro è lontanissimo! Tu parti dal marciapiede normale della stazione di Roma Termini, e sai che il binario 25 è pur sempre lì in stazione, ma non puoi immaginare che devi camminare una vita per arrivarci. Ad un certo punto camminavo da così tanto tempo che pensavo perfino di aver sbagliato strada!) e arriviamo dentro l’aereoporto di Fiumicino. L’Hilton è lì a un passo (saranno 500 metri in linea d’aria), e la convention sta iniziando giusto giusto in quel momento (se escludiamo l’evento “Vacanze Romane” che ha avuto luogo alla mattina, ma non si è svolto in Hotel. In pratica, Misha Collins e Richard Speight Jr. sono andati in giro per Roma con quelli che si erano potuti permettere il costo dell’attività. Io non sono tra questi), ma noi non possiamo andare subito all’Hilton. Siamo cariche di roba, vestite pesanti, sudate e stanche dal viaggio, e in più vogliamo assicurarci che l’hotel dove abbiamo prenotato, il fantomatico Hotel Chopin, esista davvero (dove ho prenotato una twin “Zio Paperone”… ora potete capire la mia perplessità).

Prendiamo il taxi (guidato dall’unico tassista di Roma silenzioso e musone) e scopriamo che dall’aereoporto a qualsiasi destinazione di Fiumicino c’è una tariffa fissa di 15 Euro (per la tratta inversa si è variato dai 15,50 ai 20 a seconda del traffico). Risparmiamo comunque rispetto al costo totale di una stanza all’Hilton, però la prossima volta farò di tutto per soggiornare all’Hilton (o comunque nell’hotel della convention), perché è mille volte meglio.

Comunque, lo Chopin esiste, ed è l’hotel più cheap in cui abbia mai soggiornato. Già il sospetto mi era venuto arrivando, data la palma di plastica arancione che accoglie gli ospiti,


accostata ad una statua tipo venere che regge un vaso con dentro una piantina (vera)



ma non è niente in confronto all’interno. La hall (se così si può definire) è un guazzabuglio di oggetti di simil arte stipati a caso, tonnellate di quadri orrendi alle pareti,



statue (ai piedi delle scale c’è la statua di un negretto che regge una torcia, tanto per dirne una particolarmente brutta)


e poltrone stile barocco/impero o che ne so in che stile sono…



La portineria è qualcosa di ridicolo, e l’ascensore non è che mi abbia dato tanta sicurezza (infatti l’ho preso una volta sola). E vi assicuro che io di solito sono di bocca buona per gli Hotel. Ma questo era particolarmente orrendo. Però proprio per questo aveva un suo fascino, lo ammetto. E alla fine ho dormito benissimo, loro sono stati gentili e ho speso poco, la camera la pulivano tutti i giorni per cui non mi posso lamentare...


La nostra camera (non ci hanno dato la twin zio paperone che avevo prenotato, sospetto perché avevano abbondante posto dentro la struttura principale, mentre la zio paperone si trova in una struttura poco lontano dall’hotel) era una matrimoniale abbastanza ampia, con un esorbitante letto a onda laccato bianco e con gli specchi sulla testiera (e se non bastassero, di fronte al letto c’era un enorme armadio sempre laccato bianco con gli sportelli tutti a specchio) e il copriletto rosa.



Tra quello, il cassettone laccato con la vernice scrostata e le macchie di caffè impossibili da togliere, il divanetto orrendo che ho fatto toccare solo dalle valigie,



e il tavolino a tre gambe (ottimo per le sedute spiritiche) –e non voglio dimenticare la moquette orribile arancione e rossa-



sembrava di stare in uno dei Motel di Supernatural, per cui stavamo perfettamente in tema. Sorvolerò sullo scopino del water corroso dalla ruggine, sulla muffa & ruggine che avvolgeva la cabina doccia e sul sifone dello scarico, che faceva rumori tali da far pensare fosse posseduto da uno spirito con seri problemi di stomaco.

Tagliando corto, ci siamo date una rinfrescata, cambiate e rimesse sul taxi in direzione, finalmente, dell’Hilton e, soprattutto, del cast di Supernatural.


2 commenti:

Anonimo ha detto...

bwawawawawawwaahh...Misha...'ndo vai Misha?!! X°°D

...e viva le foto aggratis!!!!!!

Lennie MissSparkle ha detto...

XDDD