Uomini e Topi, di John Steinbeck




 "Noi invece è diverso! E perché? Perché... perché ci sei tu che pensi a me e ci sono io che penso a te, ecco perché."



Sapevo già come andava a finire (impossibile non sapere il finale di un romanzo in cui uno dei protagonisti, Lennie, si chiama come me), eppure sono qui che piango lo stesso, perché la storia mi ha travolto.
La storia è intrisa di tristezza fin dalle prime pagine, lo sconforto, il senso di sconfitta del periodo successivo alla Grande Depressione, lo scoramento di chi non ha futuro, non ha un posto dove vivere, non ha null'altro che se stesso. Per i braccianti, che si muovono di ranch in ranch in cerca di un tetto sopra la testa, un pasto caldo e una paga a giornata, non ci sono prospettive, non c'è niente che li renda diversi da un bue o da un carro: sono intercambiabili, utili solo finchè possono lavorare, e nessuno pensa a loro. Ma per George e Lennie non è così, perchè "Per noi è diverso. Noi abbiamo
un avvenire. Noi abbiamo qualcuno a cui parlare, a cui importa qualcosa di noi.", "perché ci sei tu che pensi a me e ci sono io che penso a te". Così si cullano nell'illusione che questo vagare da padrone a padrone un giorno finirà, perchè un giorno avranno messo da parte abbastanza per comprarsi un pezzo di terra tutto loro, dove badare l'un l'altro senza che nessuno li comandi più, senza che nessuno li tormenti più, e dove Lennie possa avere dei conigli da allevare e carezzare. Questa illusione George l'ha costruita per Lennie, perchè si è sempre preso cura di lui e da buon amico gli regala un sogno da inseguire, un motivo per andare avanti in una realtà così vuota, e a poco a poco finisce per crederci, e quando coinvolgono anche Candy, il bracciante monco, il sogno sembra essere quasi a portata di mano, ma poi tutto sfuma di colpo, facendo ripiombare tutti nella tragica realtà.

Nonostante il linguaggio semplice, colloquiale, e la brevità, il romanzo affronta anche la tematica della discriminazione verso i neri e le donne (la moglie di Curley viene subito additata come facile e portatrice di guai, le si nega sin da principio la possibilità che abbia davvero solo bisogno di parlare con qualcuno. Probabilmente è davvero un po' civetta, ed è in fondo colpa sua se finisce tutto in tragedia, ma mettendosi nei suoi panni non dev'essere stato facile rimanere tutto il giorno segregata in casa con nessun'altro con cui parlare oltre al suo manesco marito).

Insomma, il romanzo è bellissimo, intenso, con personaggi che ti rimangono dentro per sempre. Si legge in poche ore, ed è ovviamente un grande classico moderno che va letto almeno una volta.

So che hanno fatto nel '92 un nuovo adattamento cinematografico con Gary Sinise, John Malkovich e Sherilyn Fenn, ma mi sa che non ho voglia di cercarlo e guardarmelo, temo soffrirei troppo.
Preferisco pensare al mio Lennie (quello che mi sono immaginata leggendo), che immagino circondato per l'eternità di cagnolini e coniglietti che non muoiono mai, per quanto forte li possa carezzare. Sono sicura che ci sia anche George a badare a lui, come ha sempre fatto. E quando ci saranno fave, saranno sempre piene di salsa.



"Gente come noi, che lavora nei ranches, è la gente più abbandonata del mondo. Non hanno famiglia. Non sono di nessun paese. Arrivano nel ranch e raccolgono una paga, poi vanno in città e gettano via la paga, e l'indomani sono già in cammino alla ricerca di lavoro e d'un altro ranch. Non hanno niente da pensare per l'indomani."
Lennie era felice. "È così, è così. È adesso dimmi com'è per noi."
George riprese. "Per noi è diverso. Noi abbiamo un avvenire. Noi abbiamo qualcuno a cui parlare, a cui importa qualcosa di noi. Non ci tocca di sederci all'osteria e gettar via i nostri soldi, solamente perché non c'è un altro posto dove andare. Ma se quegli altri li mettono in prigione, possono crepare perché a nessuno gliene importa. Noi invece è diverso." Lennie interruppe. "Noi invece è diverso! E perché? Perché... perché ci sei tu che pensi a me e ci sono io che penso a te, ecco perché."

"È un bravo ragazzo" disse Slim. "Non c'è bisogno di troppo cervello per essere un bravo ragazzo. Qualche volta mi pare anzi che il cervello faccia l'effetto opposto." 

"Voi avete George. E sapete che ritornerà. Supponete di non avere nessuno. (...) Supponete di essere costretto a stare seduto qui leggendo libri. I libri non servono a niente. A un uomo occorre qualcuno... che gli stia accanto." Gemette: "Un uomo ammattisce se non ha qualcuno. Non importa chi è con lui, purché ci sia. Vi so dire," esclamò, "vi so dire che si sta così soli che ci si ammala."

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